"La cultura è il complesso unitario che include la conoscenza, la credenza, l'arte, la morale, le leggi e ogni altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo come membro della società" (Edward Tylor).

sabato 21 maggio 2011

XLVII Ciclo di Spettacoli Classici, Teatro greco di Siracusa


L’Istituto Nazionale del Dramma Antico (INDA), fondazione Onlus nata nel 1914 con lo scopo di promulgare attraverso la rappresentazione di testi appartenenti alla drammaturgia antica la cultura classica, promuove, per il XLVII Ciclo di Spettacoli Classici, la messa in scena, nel Teatro Greco di Siracusa, di due tragedie e una commedia: Filottete (409 a.C.) di Sofocle nella traduzione di Giovanni Cerri, Andromaca di Euripide (427 a.C.) nella traduzione di Davide Susanetti e Le nuvole di Aristofane (422 - 417 a.C.). Il ciclo di rappresentazioni, che ha avuto inizio l'11 maggio con Filottete (le rappresentazioni proseguiranno a giorni alterni sino al 16 giugno) si concluderà con Le Nuvole di Aristofane, in scena dal 24 al 26 giugno.
Quanto alla prima tragedia proposta, diretta da Giampiero Borgia, essa è ambientata sull’isola di Lemno. Filottete, partecipe della spedizione contro Troia, è stato morso da una vipera che gli ha procurato una ferita insanabile e infetta. I Greci, non sopportando la compagnia e le urla dell’ammalato, lo hanno abbandonato sull’isola di Lemno con l’arco che aveva ricevuto in dono da Eracle. Ma un vaticinio svela che l’arco di Eracle costituisce l’unica arma in grado di debellare la resistenza dei Troiani: l’abbandonato, l’escluso, diviene improvvisamente il perno della conquista della città nemica. Ora Odisseo torna sull’isola accompagnato dal giovane Neottolemo, figlio di Achille, per sottrarre con l’inganno l’arco a Filottete: fingendosi nemico di Odisseo e degli Atridi, Neottolemo dovrà guadagnarsi la fiducia dell’eroe. Il “piano”giunge a buon fine, quando Filottete, colto da un accesso del suo male, consegna l’arco al giovane “amico”. A questo punto, in preda al rimorso, il figlio di Achille si oppone ad Odisseo, mostrando nobiltà d’animo e rispetto nei confronti del sofferente, a cui restituisce l’arma tentando invano di persuaderlo a imbarcarsi con loro per conquistare la città nemica. L’intervento ex machina di Eracle sancisce la risoluzione dell’intreccio e la partenza di tutti per Troia dove Filottete sarà curato e la città conquistata grazie all’arco e al suo possessore.
Andromaca viene presentata nella versione di Davide Susanetti e la regia di Luca De Fusco, con Laura Marinoni e Mariano Rigillo. La tragedia è ambientata in Tessaglia, dinanzi al tempio di Teti e presso la reggia di Neottolemo, figlio di Achille. Andromaca, dopo la caduta di Troia, è divenuta schiava di Neottolemo, da cui ha avuto un figlio, Molosso. Anche per questa ragione la “principessa-schiava” incorre nella gelosia di Ermione, sposa legittima di Neottolemo e figlia di Elena e Menelao, che la accusa di esercitare su di lei arti magiche per renderla sterile e potere così prendere il suo posto nella casa dello sposo. Con la complicità del padre Menelao, Ermione trama per uccidere Andromaca e Molosso, ma l’arrivo di Peleo, padre di Achille, riesce a sventare il pericolo e fermare Menelao, che con un pretesto rientra a Sparta, abbandonando vilmente la figlia alla sicura vendetta di Neottolemo. Costei, per la paura e per l’affronto subito, tenta di suicidarsi, ed è a stento trattenuta dalla Nutrice. Giunge Oreste, figlio di Clitennestra e Agamennone, che rivela ad Ermione di aver già messo in atto un piano contro il figlio di Achille, con cui era entrato in conflitto proprio per la mano della ragazza, inizialmente promessa ad Oreste ma poi concessa a Neottolemo. Per vendicarsi, Oreste ha istigato gli abitanti di Delfi contro di lui, instillando il sospetto che egli volesse depredare il santuario dei tesori offerti dai devoti. Credendo alla calunnia, i Delfici gli tendono un agguato e fanno scempio del suo corpo, bersagliandolo con dardi e pietre per poi gettarlo fuori dallo spazio sacro. Il cadavere di Neottolemo è condotto a sepoltura da Peleo, confortato dalla sua sposa divina, Teti. La dea ordina che Andromaca si trasferisca nella terra dei Molossi, dove sposerà Eleno. Da Molosso nascerà una dinastia che governerà quella terra. Teti libererà Peleo “dai mali degli uomini” e lo renderà suo sposo immortale
Le nuvole è il titolo di una commedia di Aristofane, andata in scena per la prima volta ad Atene, alle Grandi Dionisie del 423 a.C. La versione che leggiamo oggi è però posteriore, redatta in un periodo tra il 421 e il 418 a.C. e mai messa in scena dall’autore. Il vecchio Strepsiade è sull’orlo della bancarotta per via dei debiti contratti dal figlio Fidippide a causa della sua passione per i cavalli. Per questa ragione, cerca di invogliarlo a frequentare la scuola di Socrate ed imparare a rendere più forte il discorso più debole, così da poter vincere sui creditori servendosi in tribunale di argomenti ingiusti. Dinanzi al rifiuto del figlio, Strepsiade si reca di persona dal celebre filosofo, che gli appare sospeso in aria, assorto a scrutare i fenomeni celesti. Per ottenere quanto desidera – afferma il maestro – Strepsiade dovrà abbandonare gli dei tradizionali ed affidarsi alle Nuvole, le sole divinità. Le lezioni tuttavia confondono le idee a Strepsiade, che viene cacciato per la sua stoltezza ed ora costringe il figlio ad andare a scuola da Socrate per apprendere i due discorsi: quello Migliore e, soprattutto, quello Peggiore, che sostenendo il torto è in grado di capovolgere il primo. I due discorsi, personificati, si affrontano ora in un agone, che termina con la vittoria del Discorso Peggiore, a cui Fidippide viene “affidato” per imparare a stravolgere il diritto a proprio vantaggio. Grazie agli insegnamenti del Discorso Peggiore i creditori sono infatti annientati, ma questa abilità si ritorce ora contro il vecchio Strepsiade, quando viene picchiato dal figlio che riesce persino a giustificare l’azione supportato dalla acquisita arte della parola. Se i genitori picchiano i figli “per il loro bene”, questi possono fare altrettanto e rendere loro il favore. Per di più, è giusto che i vecchi le prendano, perché meno dei giovani dovrebbero sbagliare. La prevaricazione verbale di Fidippide si amplifica in un crescendo che lo porta a minacciare di picchiare anche la madre. A questo punto Strepsiade, pentito delle proprie azioni e di aver rinnegato gli dèi, si precipita verso il pensatoio di Socrate per dargli fuoco.

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